12 ottobre 2020
educazione come unione e non separazione

Un credo personale e profondo è che possiamo insegnare solo con l’esempio abbandonando l’idea di separazione, per andare verso una visione unita dell’esistenza. Uniti nella gioia di vivere liberamente e nel dolore di non poterlo fare. Perché una cosa che forse ancora non ti è chiara è che ogni vissuto è coinvolgente, per la tua vita, per la vita delle persone intorno a te fino ad allargarsi all’intera umanità.

Cosa sto insegnando col mio atteggiamento, con l’espressione dei miei valori, con il credere di potercela fare o non fare?

L’insegnamento è una forma di educazione che passa attraverso di noi e coinvolge tutto intorno a noi, e tutto in questo caso è una parola appropriata. E se possiamo insegnare solo con l’esempio mi domando in questo tempo e momento quale esempio stiamo insegnando? Quali sono gli scenari futuri che stiamo delineando? Mi piace la visione del pedagogista Marcello Bernardi, che parte dall’etimologia della parola educare e arriva a mostrarci due strade che inevitabilmente spengono la separazione per arrivare a una visione diretta e pulita. La condivido con voi.

Educare deriva dal latino ex-ducere. Che significa condurre fuori, ovvero far venire fuori. Educare qualcuno vuol dire perciò far venire fuori da lui ciò che è dentro di lui. In altri termini, vuol dire aiutare qualcuno ad esprimere sé stesso, ad essere quello che è, a comportarsi in modo conforme alla sua personalità. Posto che si voglia accettare l'etimo di una parola ed il senso che ne consegue.

In pratica l'educazione sarebbe esattamente il contrario di ciò che comunemente si intende con questa parola, sarebbe un far uscire e non un mettere dentro, sarebbe un rafforzare la personalità dell'educando e non un formarla (forgiarla addirittura, dicevano i fascisti), sarebbe un rispettarne l'originalità e non il costringerla in un modello.

Ne conseguirebbe che le norme valide per ogni individuo possono essere soltanto quelle che l'individuo stesso si dà, quelle che l'individuo stesso elabora e che decide, in modo autonomo, di adottare come guida dei suoi propri comportamenti. Le altre, quelle imposte dall'esterno, non hanno validità alcuna. Alle volte vengono accettate, anche seguite, ma per paura o per convenienza. Sicuramente non perché hanno in qualche modo cambiato una persona. «La legge» diceva un magistrato «non ha mai fatto diventare onesto nessuno».

Aiutare qualcuno a essere e ad esprimere sé stesso, dicevamo. Ma come? Pare che ci siano due strade sole. La prima sarebbe quella di permettere all'individuo di arricchirsi, di sviluppare le proprie doti, di imparare, dunque di accumulare, esperienze. La seconda sarebbe quella di essere noi medesimi, noi educatori, quello che in effetti siamo, con lealtà, senza recitare una parte, in maniera tale da fornire all'altro, all'educando, una entità umana cui fare riferimento, con cui misurarsi ed eventualmente confrontarsi.

L'antico buon esempio, non obbligatorio da seguire ma obbligatorio da dare. Una componente ambientale umana che mostri all' individuo il rispetto per tutti, la comprensione, la solidarietà, la giustizia, è educativa. Un ambiente che imponga le stesse virtù mediante la legge non lo è. Una educazione così concepita sarebbe una gran bella cosa, a parer mio, per educandi ed educatori. Gli uni e gli altri scomparirebbero dal vocabolario, perché se è vero che l'adulto può aiutare il bambino a evolvere e a dare il meglio di sé, parimenti è vero che il bambino può aiutare l'adulto.

Tutti saremmo educatori ed educandi insieme, nessuno starebbe sopra e nessuno sotto, e forse una qualche possibilità di miglioramento della condizione umana spunterebbe al nostro, per ora desolato, orizzonte. Una educazione così concepita non si porrebbe il fine di far diventare tutti eguali fra loro e ai loro predecessori, tutti servi e padroni a lo tempo stesso, tutti soggiogati ad un unico potere sovrumano e disumano, ma si porrebbe il fine della distruzione del potere. Condizione imprescindibile per la nostra sopravvivenza come persone.

Una educazione così concepita sarebbe un atto d' amore, e solo questo.

 

Aggiungo ora il mio pensiero: un’educazione di questo genere, che abbandona totalmente la separazione a favore dell’integrazione, non è solo possibile ma necessaria. Mai come in una regola possiamo trovare modi diversi per andare oltre i limiti che conosciamo e magari mostrare al mondo che c’è sempre un altro modo di guardare le stesse situazioni. Le regole stimolano la ribellione, e in questo c’è il solo elemento fondamentale per portare la creatività a contatto col mondo. Possiamo insegnare solo con l’esempio. Possiamo insegnare ad essere rispettosi delle regole che portano valore all’esistenza, che stimolano amore e compassione, inclusione e cura, unione e amore.

Come scrive Heinlein, io sono un uomo libero, quali che siano le regole che mi circondano. Se le trovo tollerabili, le tollero; se le trovo fastidiose, le rompo. Sono libero perché so che io solo sono responsabile di tutto ciò che faccio.

Meditamo seriamente sui nostri valori e su quale traccia vogliamo lasciare in questo mondo e poi agiamo, nella certezza che ogni cosa che decideremo di fare andrà nel mondo è lì troverà la sua giusta collocazione, diventando un esempio per ogni persona che la incontrerà.

La tua SpiritualCoach®

Lucia

 

Lucia Merico

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